“Et in Arcadia Ego”: presentazione dello spettacolo dedicato alla vita del poliziotto Joe Petrosino

Sabato 1 Ottobre, presso l’Edificio 19 dell’Università degli Studi di Palermo, è stato presentato lo spettacolo dal titolo “Et in Arcadia Ego”, rappresentazione teatrale ispirata alla vita e alla morte del poliziotto Joe Petrosino, ucciso dalla mafia a Palermo il 12 Marzo del 1909.

Il regista, Rinaldo Clementi, ha voluto mettere in scena gli eventi più importanti della vita di questo personaggio, decisamente poco conosciuto dai contemporanei, cercando anche di creare dei collegamenti con la tradizione letteraria più classica.

Ispirato allo scritto di Anna Maria Corradini “L’Omicidio di Joe Petrosino. Misteri e rivelazioni”, lo spettacolo si apre con un percorso investigativo, partendo dall’evento della morte del poliziotto, presentando i personaggi più vicini ai suoi ultimi momenti e che ne descrivono la vita, chiudendo poi con duepantomime, in cui l’azione scenica è affidata unicamente al gesto, all’espressione del volto, ai movimenti del corpo, alla danza o al canto.

La rappresentazione ha inizio con un’immagine particolarmente cruda, che richiama perfettamente l’idea della violenza e dell’istintualità che sta alla base del gesto che ha portato Petrosino alla morte: sul palco viene messo in scena un atto di cannibalismo, preceduto da scene di violenza fisica, ricalcando l’idea di sopraffazione che spesso delimita la mente umana.

Lo spettacolo prosegue, poi, con scene che mostrano in che modo le indagini sulla morte del poliziotto furono portate avanti, partendo dal modo in cui la figura di Joe Petrosino fu isolata, lasciando intuire la consapevolezza sul destino che lo attendeva, fino ad arrivare ai tentativi di insabbiamento da parte dei poteri forti. Dinamiche già viste in passato e molto conosciute, che il regista ha sapientemente rivisto in una delle opere letterarie più famose della letteratura italiana: “I promessi Sposi” di Alessandro Manzoni. La logica de I Bravi, l’utilizzo della violenza per incutere timore e mostrare il loro potere, è tipico del pensiero mafioso ed è perfettamente radicato nella tradizione criminale.

Infine, lo spettacolo si chiude con un’azione struggente: il saluto della moglie Adelina al marito che non rivedrà mai più tornare. Anche qui la scena ha un sapore classico, richiamando la tragica separazione tra Ettore e Andromaca descritta da Omero nell’Iliade. Gli attori incantano il pubblico con un canto che sembra quasi un pianto doloroso, e che si ispira ad una ninna nanna cantata dalle madri ai propri figli per farli addormentare lungo il cammino diAuschwitz.

I riferimenti, dunque, sono tanti e diversi, ma l’immagine di fondo resta la stessa: violenza generatrice di morte, sopraffazione che porta ai più bassi istinti e mostra fin dove può spingersi l’animo umano.

Un viaggio non solo nella storia di un uomo, quindi, ma soprattutto nelle profondità più arcane dello spirito in una riflessione sulla morte senza tempo.